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Renaud Longchamps

Photographié par Stéphanie Gilbert.

CLANDESTINO, rivista trimestrale di letteratura, jan. 1999, p. 17-27.

 

Renaud Longchamps è oggi uno dei più importanti poeti canadesi in lingua francese. Diversi riconoscimenti in questi ultimi anni hanno consacrato la sua fama letteraria. In Italia suoi testi sono apparsi solo une volta, in Antologia della poesia moderna del Québec tradotti da C. Milanese.

Tradurre Renaud Longchamps in questi testi tratti da Fiches antropologiques dei Cain (titolo già difficilmente traducibile con quell'ambivalenza di fiche tra scheda e gettone da gioco) significa fare i conti con una poesia di forte presunzione gnoseologica. Ogni parola è tratta da un'oscurità primordiale, che è quella di ognuno di noi, alla ricerca di una realtà assoluta, secondo il febbrile dettato di Bréton a cui Longchamps si rifà in esergo. Si ha qui une sorta di surrealismo antropologico.

Nella quarta di copertina di questo libro edito nel 1998 ci sono alcune domande che l'autore abborda "con tenerezza e lucidità". "Diventeremo un giorno più grandi dei secoli che ci ricoprono? Come agire di fronte alla natura umana che ci parla invece di risponderci?".

Conosco non molto della sua opera e quel che ho letto da sue dichiarazioni di poetica mi lascia abbastanza freddino. Ma questi testi, che vogliono far così frontalmente i conti con il problema d'esser figli di Caino mi paiono affascinanti. E piene di grande poesia sono le parti dove s'indovina il rapporto d'amore, inteso qui come argine all'indistinzione, all'erranza. Il mio volto, dice il figlio di Caino, nasce guardando il volto dell'altra/o. È l'estremo segno di quella dipendenza strutturale e connaturata che l'assassino vorrebbe cancellare.

***

Renaud Longchamps, La voce di Caino, a cura di Davide Rondoni.

 

Nato dalla collera

 

Io sono nato dalla collera

all'alba di ogni tempo

 

Io sono alzato

da sempre nella savana

 

Io cammino senza meta

 

Ho un fratello e delle pietre

che basta battere

perché zampilli la luce terribile dell'aria

 

L'assassinio viene in sogno

quando l'occhio e il fiato abitano

la medesima notte

straziata sotto i denti del carnefice

 

Io ho fame

 

Il ventre non punta mai il cielo

rotondo

impaziente di rimbalzare al suolo

 

L'offerta nel fumo occulta l'eternità

a tutta la fratellanza

 

Un bambinetto si alza e dice

che il fratello perirà nell'abbondanza

prima del raccolto

 

Che il fratello caverà le pietre

dal suo campo

tutte le pietre insanguinate

 

Con le quali alzerà delle mura

e dei templi

e così delle carceri

per le stagioni del cielo

 

Nei secoli diverranno

poco a poco

tombe ricoperte di muschio

di rovi

e di rottami

 

Le pietre segneranno allora il passo della terra

per l'éternità

 

O fratello mio

il paradiso non avrà più luogo

 

E' circoscritto nello spazio e nel tempo

 

L'offerta

qui

non è mai carnale

 

Non calmerai mai la tempesta del tuo cuore

 

***

I cieli silenziosi

 

I cieli silenziosi

gravitano sulle nostre teste

 

Io striscio al suolo

dilaniato tra il peso e la massa

 

I tuoi seni bloccano l'orizzonte

al caso

 

Nella notte indivisa

io fisso le stelle

tra le nubi

 

Dopo la notte

ritorno al vecchio volto

che domina le generazioni

 

Io ritorno al volto che lascia il firmamento

 

Lo sguardo sul cielo

traduce la mia stanchezza di vivere intero

tra due ossa

 

Lo sguardo sul cielo

traduce la mia stanchezza di vivere intero

tra due ossa

 

Lo sguardo sul cielo svanisce

e si rinnova senza fine

nell'occlusione delle parole

e delle labbra inferiori

 

Il riflesso dei tuoi occhi dimora

per sempre nel mare

e nella solitudine infinita dell'universo

 

Senza di te io sarei senza età

mio amore

 

Io diventerei questa luce stanca

che colpisce gli astri immobili

nella notte di tutte le lune

 

Domani

ti guarderò in pieno volto

 

Io avrò un volto

 

***

 

Traversare i secoli

 

Mi piacerebbe vivere qui e ora

senza angoscia

né avidità

 

Ma il passato non muore

 

Abita le antiche vene

e il recinto degli sciancati

 

Da poco ho lasciato l'opera brutale

 

Ora ricerco il provvisorio

nel popolamento invisibile della foresta

 

Presto io curerò un prato pareggiato

dove la vita incrocerà la spada

con l'incessante natura

 

L'uomo con nuovo metallo conquista il cielo

ma circola ancora nel suo vecchio corpo

 

Nell'errore e nell'erranza

egli rimanda la sua vita a più tardi

 

D'improvviso

la musica dei Terrestri riempie il prato pareggiato

 

Io mi stendo alla sinistra della donna

poiché sono sempre fedele alla sua fame

 

Ma io sono sempre solo

e non sento parlare

 

La larga fronte dell'ignorante

riposa sul moi petto

 

Il mio cuore batte già la sua ritirata

 

Mi intima di cantare

per il più gran numero

e la mediocrità ispirata

 

Cosa può la parola

contro il vento e la marea

 

Cosa può il silenzio

contro le lingue legate

 

Ma io so questa terribile fede

che traversa i secoli

e i cappelli umidi sulle fronti sfuggenti

 

Io so il sangue che si dovrà versare

per occultare il cuore

 

***

Antemurale, antologia della poesia moderna dal Québec, Bulzoni Editore, 1990, p. 239-247. Traduzione di Cesare Milanese.

 

Miguasha

 

L'errore, tale è l'usanza della carne

une finta d'amplesso

 

***

 

morte che si dirà

senza fessura

scaglie di pietra sopra tutto ciò

 

 

***

 

tieni

una mano

mobilitata a volte

 

***

 

apprendi così presto il tuo passato

che del tuo braccio più non parlerai

 

***

 

prima la carne fu l'immaginario: miguasha

lago di pietra diritto verso il mare

 

***

 

ritraccia i sensi tuoi

mentre perdurano

in ciascuno dei geni fatti nostri

 

***

 

solo il silenzio

del sorriso

dove il gridare si colma per guadare

 

***

 

e scommettere

sulla durata

 

***

 

una ferita     une scaglia

dormire in tal punto del lago

 

***

 

se tu pesi di meno

ricoprano i secoli

la densità maldestra del desiderio

 

***

 

tu copuli senza alcun dubbio

l'acqua allora incide le sue scelte

ti mobilita al fragore degli scogli

 

***

 

per colmare chissà quanto preziose

le lacune della laguna

 

***

 

membra mai viste vive

questi gesti dell'aria sotto scaglia

 

***

 

già fattura della mano

carne così subito malleabile

in silenzio il tuo sesso

 

***

 

sguardo trasmesso con la pelle mia

una pozza, in breve, un rilievo

ciò che stringe, costringe

 

***

 

cosi somigliante a questo festino dei legami

tu copuli nella durata coagulata

 

***

 

danneggiarsi si direbbe riprodursi

serra il sesso in così poco

 

***

 

che di uno stagno largo del suo lampo

per i numi io vado alla mia perdita

ricoperto di sale in nudità

 

***

 

la terra tanto vicina ad un braciere

rotta e l'esaurimento

l'acqua che è sempre pronta per richiudersi

 

***

 

quasi uno spiegamento di materia

la metà putrescente del corpo, della carne