CLANDESTINO, rivista trimestrale di letteratura, jan. 1999, p. 17-27.
Renaud Longchamps è oggi uno dei più importanti poeti canadesi in lingua francese. Diversi riconoscimenti in questi ultimi anni hanno consacrato la sua fama letteraria. In Italia suoi testi sono apparsi solo une volta, in Antologia della poesia moderna del Québec tradotti da C. Milanese.
Tradurre Renaud Longchamps in questi testi tratti da Fiches antropologiques dei Cain (titolo già difficilmente traducibile con quell'ambivalenza di fiche tra scheda e gettone da gioco) significa fare i conti con una poesia di forte presunzione gnoseologica. Ogni parola è tratta da un'oscurità primordiale, che è quella di ognuno di noi, alla ricerca di una realtà assoluta, secondo il febbrile dettato di Bréton a cui Longchamps si rifà in esergo. Si ha qui une sorta di surrealismo antropologico.
Nella quarta di copertina di questo libro edito nel 1998 ci sono alcune domande che l'autore abborda "con tenerezza e lucidità". "Diventeremo un giorno più grandi dei secoli che ci ricoprono? Come agire di fronte alla natura umana che ci parla invece di risponderci?".
Conosco non molto della sua opera e quel che ho letto da sue dichiarazioni di poetica mi lascia abbastanza freddino. Ma questi testi, che vogliono far così frontalmente i conti con il problema d'esser figli di Caino mi paiono affascinanti. E piene di grande poesia sono le parti dove s'indovina il rapporto d'amore, inteso qui come argine all'indistinzione, all'erranza. Il mio volto, dice il figlio di Caino, nasce guardando il volto dell'altra/o. È l'estremo segno di quella dipendenza strutturale e connaturata che l'assassino vorrebbe cancellare.
***
Renaud Longchamps, La voce di Caino, a cura di Davide Rondoni.
Nato dalla collera
Io sono nato dalla collera
all'alba di ogni tempo
Io sono alzato
da sempre nella savana
Io cammino senza meta
Ho un fratello e delle pietre
che basta battere
perché zampilli la luce terribile dell'aria
L'assassinio viene in sogno
quando l'occhio e il fiato abitano
la medesima notte
straziata sotto i denti del carnefice
Io ho fame
Il ventre non punta mai il cielo
rotondo
impaziente di rimbalzare al suolo
L'offerta nel fumo occulta l'eternità
a tutta la fratellanza
Un bambinetto si alza e dice
che il fratello perirà nell'abbondanza
prima del raccolto
Che il fratello caverà le pietre
dal suo campo
tutte le pietre insanguinate
Con le quali alzerà delle mura
e dei templi
e così delle carceri
per le stagioni del cielo
Nei secoli diverranno
poco a poco
tombe ricoperte di muschio
di rovi
e di rottami
Le pietre segneranno allora il passo della terra
per l'éternità
O fratello mio
il paradiso non avrà più luogo
E' circoscritto nello spazio e nel tempo
L'offerta
qui
non è mai carnale
Non calmerai mai la tempesta del tuo cuore
***
I cieli silenziosi
I cieli silenziosi
gravitano sulle nostre teste
Io striscio al suolo
dilaniato tra il peso e la massa
I tuoi seni bloccano l'orizzonte
al caso
Nella notte indivisa
io fisso le stelle
tra le nubi
Dopo la notte
ritorno al vecchio volto
che domina le generazioni
Io ritorno al volto che lascia il firmamento
Lo sguardo sul cielo
traduce la mia stanchezza di vivere intero
tra due ossa
Lo sguardo sul cielo
traduce la mia stanchezza di vivere intero
tra due ossa
Lo sguardo sul cielo svanisce
e si rinnova senza fine
nell'occlusione delle parole
e delle labbra inferiori
Il riflesso dei tuoi occhi dimora
per sempre nel mare
e nella solitudine infinita dell'universo
Senza di te io sarei senza età
mio amore
Io diventerei questa luce stanca
che colpisce gli astri immobili
nella notte di tutte le lune
Domani
ti guarderò in pieno volto
Io avrò un volto
***
Traversare i secoli
Mi piacerebbe vivere qui e ora
senza angoscia
né avidità
Ma il passato non muore
Abita le antiche vene
e il recinto degli sciancati
Da poco ho lasciato l'opera brutale
Ora ricerco il provvisorio
nel popolamento invisibile della foresta
Presto io curerò un prato pareggiato
dove la vita incrocerà la spada
con l'incessante natura
L'uomo con nuovo metallo conquista il cielo
ma circola ancora nel suo vecchio corpo
Nell'errore e nell'erranza
egli rimanda la sua vita a più tardi
D'improvviso
la musica dei Terrestri riempie il prato pareggiato
Io mi stendo alla sinistra della donna
poiché sono sempre fedele alla sua fame
Ma io sono sempre solo
e non sento parlare
La larga fronte dell'ignorante
riposa sul moi petto
Il mio cuore batte già la sua ritirata
Mi intima di cantare
per il più gran numero
e la mediocrità ispirata
Cosa può la parola
contro il vento e la marea
Cosa può il silenzio
contro le lingue legate
Ma io so questa terribile fede
che traversa i secoli
e i cappelli umidi sulle fronti sfuggenti
Io so il sangue che si dovrà versare
per occultare il cuore
***
Antemurale, antologia della poesia moderna dal Québec, Bulzoni Editore, 1990, p. 239-247. Traduzione di Cesare Milanese.
Miguasha
L'errore, tale è l'usanza della carne
une finta d'amplesso
***
morte che si dirà
senza fessura
scaglie di pietra sopra tutto ciò
***
tieni
una mano
mobilitata a volte
***
apprendi così presto il tuo passato
che del tuo braccio più non parlerai
***
prima la carne fu l'immaginario: miguasha
lago di pietra diritto verso il mare
***
ritraccia i sensi tuoi
mentre perdurano
in ciascuno dei geni fatti nostri
***
solo il silenzio
del sorriso
dove il gridare si colma per guadare
***
e scommettere
sulla durata
***
una ferita une scaglia
dormire in tal punto del lago
***
se tu pesi di meno
ricoprano i secoli
la densità maldestra del desiderio
***
tu copuli senza alcun dubbio
l'acqua allora incide le sue scelte
ti mobilita al fragore degli scogli
***
per colmare chissà quanto preziose
le lacune della laguna
***
membra mai viste vive
questi gesti dell'aria sotto scaglia
***
già fattura della mano
carne così subito malleabile
in silenzio il tuo sesso
***
sguardo trasmesso con la pelle mia
una pozza, in breve, un rilievo
ciò che stringe, costringe
***
cosi somigliante a questo festino dei legami
tu copuli nella durata coagulata
***
danneggiarsi si direbbe riprodursi
serra il sesso in così poco
***
che di uno stagno largo del suo lampo
per i numi io vado alla mia perdita
ricoperto di sale in nudità
***
la terra tanto vicina ad un braciere
rotta e l'esaurimento
l'acqua che è sempre pronta per richiudersi
***
quasi uno spiegamento di materia
la metà putrescente del corpo, della carne